27 febbraio 2013
DALLA CHIESA SALIVA INCESSANTEMENTE
A DIO UNA PREGHIERA PER PIETRO
Veglia di
preghiera per il Santo Padre Papa Benedetto XVI al termine del ministero petrino
ESPOSIZIONE
SS. SACRAMENTO
Preghiamo insieme:
Tu ci
sei necessario, o solo e vero Maestro delle verità recondite della vita, per
conoscere il nostro essere e il nostro destino e la via per conseguirlo.
Tu ci sei necessario, o Redentore nostro,
per scoprire la nostra miseria e per guarirla; per avere il concetto del bene e
del male e la Speranza della santità, per deplorare i nostri peccati è averne
il perdono.
Tu ci sei necessario, o fratello primogenito
del genere umano, per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli
uomini, i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo
della pace.
Tu ci sei necessario, o grande
paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza e per dare
ad essa un valore di espiazione e di redenzione.
Tu ci sei necessario, o Cristo, vincitore
della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione e per avere
certezze che non tradiscono in eterno.
Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o
Dio-con-noi, per imparare
l'amore vero e per camminare nella gioia e nella forza della carità, lungo il
cammino della nostra via faticosa fino all'incontro finale con te amato, con te
benedetto nei secoli"
(Paolo VI, discorso 10 febbraio 1971).
ADORAZIONE PERSONALE SILENZIOSA
C.
Preghiamo. O Signore che nella tua provvidente sollecitudine ci
hai donato Papa Benedetto XVI fa che la nostra
preghiera di questa sera, salga a te come preghiera incessante perché Tu doni a
lui la giusta pace e serenità che meritano i tuoi servi fedeli. Te lo chiediamo
per Cristo nostro Signore.
Lett. DAGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (12, 1-5)
In
quel tempo il re Erode cominciò a perseguitare alcuni membri della Chiesa. Fece
uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni. Vedendo che ciò era gradito ai
Giudei, fece arrestare anche Pietro. Erano quelli i giorni degli Àzzimi. Lo fece catturare e lo gettò in carcere,
consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col
proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa
saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. ». Parola di Dio
Lett. Ci ritroviamo riuniti per offrire a Dio Padre, per
mezzo del suo Figlio Gesù che si rende a
noi presente nel Sacramento dell’Eucaristia, la nostra preghiera per la
Chiesa tutta in questo momento storico delicato ed in particolare per
manifestare a Papa Benedetto XVI piena comunione di affetto
e filiale vicinanza.
A Sua Santità più che una
solidarietà generica, vorremmo esprimere la nostra gratitudine. Una gratitudine
profonda per ciò che egli ci ha testimoniato
e ci testimonia ancora; per la sua
storia iniziata per noi in un tempo relativamente lontano, ma
arrivata limpida e fedele ad oggi; per la
sensibilità che si incontra nelle sue
parole, nei suoi libri, nei discorsi e nell’Encicliche. Una sensibilità che va diritta alle domande e ai dubbi dei
cristiani di questo momento storico. Noi sappiamo bene che egli paga
oggi, anche per noi tutti, la radicale opposizione
della Chiesa alla mentalità del "mondo". La pretesa cristiana di
insegnare un altro senso della vita e tutta un’altra logica, alimenta una
tale ostilità che cova e lievita, e a tratti sbuca alla superficie. È la
fedeltà al «non conformatevi» di
Paolo, il duro antico nodo dello scontro. Quel «non conformatevi» che vede nel Papa un
testimone tenace…
Prima di battezzare Josef Ratzinger, nella sua
piccola parrocchia in Baviera, si aspettò l’alba di Pasqua, in una notte
di neve, per utilizzare l’acqua "nuova" appena benedetta.
Questo particolare dice della sua provenienza
da un cristianesimo profondo, ereditato con il
respiro prima che con le parole da una madre e da un padre. Benedetto
XVI viene da una storia che a molti di noi, che potremmo essere suoi figli, appare remota e spaventevole. La guerra, e il
nazismo incalzante. Era un ragazzo di 17 anni, richiamato al Servizio
lavorativo del Reich, e un vecchio ufficiale una
notte in caserma cercò di indurlo all’arruolamento "volontario"
nelle SS. «Io con alcuni altri ebbi la fortuna di
poter rispondere che volevo diventare prete cattolico», ha raccontato Ratzinger nella sua autobiografia, e ha aggiunto: «Venimmo ricoperti di scherni e di insulti». Agli insulti
e agli attacchi in ragione della sua fede il Papa s’è dunque abituato
presto; e non sono quelli di oggi, crediamo, a poterlo
turbare...
Ma più delle offese che
gli si riversano contro, ciò che, forse, lo turba veramente è l’eco di
una avversione più grande, oltre la sua persona, alla
Chiesa intera. Più degli attacchi personali, forse pesa anche il dolore per
un male per cui, ancora pochi giorni or sono, il Papa
ha invocato preghiera e penitenza ... Fiducioso nella Parola di Dio, fiducioso
comunicatore del Vangelo, fiducioso nella liturgia, la grande scelta di
Benedetto XVI è quella di proporre il cuore dell’esperienza cristiana. In
questa scelta c’è un grande candore e una grande
sapienza. Nella mitezza del Papa sentiamo vibrare la vera forza cristiana.
Lett. Dall’ Omelia di Sua Santità Benedetto XVI per la Messa
di inizio del ministero petrino
Per ben tre volte, in
questi giorni così intensi, il canto delle litanie dei santi ci ha accompagnato
[…]e ogni volta in un modo del tutto particolare ho sentito questo canto
orante come una grande consolazione. Quanto ci siamo
sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II! Il
Papa che per ben 26 anni è stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso
questo tempo. Egli varcava la soglia verso l'altra vita - entrando nel
mistero di Dio. Ma non compiva questo passo da solo.
Chi crede, non è mai solo - non lo è nella vita e neanche nella morte. In quel
momento noi abbiamo potuto invocare i santi di tutti i secoli - i suoi amici, i
suoi fratelli nella fede, sapendo che sarebbero stati il
corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell'aldilà, fino alla gloria di
Dio. Noi sapevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli è fra i
suoi ed è veramente a casa sua. Di nuovo, siamo stati consolati compiendo il
solenne ingresso in conclave, per eleggere colui che
il Signore aveva scelto. Come potevamo riconoscere il suo nome? Come potevano
115 Vescovi, provenienti da tutte le culture ed i paesi, trovare colui al quale
il Signore desiderava conferire la missione di legare e sciogliere? Ancora una
volta, noi lo sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo
circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Ed
ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito
inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo?
Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera
schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva
questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in
realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei
santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la
Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra
fede e la Vostra speranza mi accompagnano. Infatti
alla comunità dei santi non appartengono solo le grandi figure che ci hanno
preceduto e di cui conosciamo i nomi. Noi tutti siamo la comunità dei santi,
noi battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi che
viviamo del dono della carne e del sangue di Cristo, per mezzo del quale egli
ci vuole trasformare e renderci simili a se medesimo. Sì, la Chiesa è viva - questa è la meravigliosa esperienza di questi
giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo
si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo
e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa è
viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai
suoi. La Chiesa è viva - essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è
veramente risorto. […]
Silenzio
di riflessione e adorazione
Dal Vangelo secondo Giovanni (21,
15-19)
Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio
di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai
che ti voglio bene». Gli dis-se: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo,
per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose:
«Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie
pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi
bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse:
«Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio
bene». Gli rispo-se Gesù: «Pasci le mie pecore.
In
verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e
andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti
vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale
mor-te egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo,
aggiunse: «Seguimi». Parola del Signore
Lett. Dall’ Omelia di Sua Santità Benedetto XVI per la Messa di
inizio del ministero petrino
Una delle caratteristiche
fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono
stati affidati, così come ama Cristo, al cui servizio si trova. “Pasci le
mie pecore”, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere
vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare
significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio,
della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel
Santissimo Sacramento. Cari amici – in questo momento io posso dire
soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore.
Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi,
la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti
insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai
lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi
impariamo a portarci gli uni gli altri. […]In questo momento il mio
ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo
ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano
nelle orecchie le sue parole di allora: “Non abbiate paura, aprite anzi
spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai potenti del
mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere,
se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede. Sì, egli
avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione,
dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma
non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà
dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società
giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non
abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo
totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli
possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di
rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende
la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati
della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva
dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla,
nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e
grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano
le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le
grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi
sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire
dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi: non abbiate
paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve
il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la
vera vita. Amen.
Silenzio
di riflessione e adorazione
Dal
Vangelo secondo Matteo ( 16, 13-20)
Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarèa di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La
gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo? ”. Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o
qualcuno dei profeti”. Disse loro: “Voi chi dite che io sia?
”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio
vivente”. E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la
carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il
Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra
edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa.
A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò
che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai
sulla terra sarà sciolto nei cieli”.
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che
egli era il Cristo.
Parola del Signore
Lett. Dalla Lectio divina tenuta da Papa Benedetto XVI ai Seminaristi
di Roma
(8 febbraio
2013)
Forse oggi siamo tentati
di dire: non vogliamo essere gioiosi di essere eletti, sarebbe trion-falismo. Trionfalismo sarebbe se noi pensassimo che Dio mi ha eletto
perché io sono così grande. Questo sarebbe realmente trionfalismo
sbagliato. Ma essere lieti perché Dio mi ha voluto non è trionfalismo,
ma è gratitudine, e penso che dobbiamo re-imparare questa gioia: Dio ha voluto
che io sia nato così, in una famiglia cattolica, che abbia conosciuto
dall’inizio Gesù. Che dono essere voluto da Dio,
così che ho potuto conoscere il suo volto, che ho potuto conoscere Gesù Cristo,
il volto umano di Dio, la storia umana di Dio in que-sto mondo! Essere gioiosi perché mi ha eletto per essere cattolico, per
essere in questa Chiesa sua, dove subsistit Ecclesia unica; dobbiamo essere gioiosi perché
Dio mi ha dato questa grazia, questa bellezza di conoscere la pienezza della
verità di Dio, la gioia del suo amore.
Lett.: Da un’Omelia per la
Solennità dei Santi Pietro e Paolo del Card. Giacomo
Biffi
"Edificherò la mia
Chiesa" (Mt 16,18). Non c’è in tutto il
Libro di Dio parola che dica in forma più esplicita e
semplice l’origine della Chiesa: la Chiesa è nata dalla sapienza, dal
cuore, dall’azione salvifica del Signore Gesù. […]"Edificherò
la mia Chiesa". La Chiesa è stata pensata, voluta, attuata da Cristo.
Appunto per questo, tra le casupole delle molte effimere costruzioni umane
(sociali, politiche, culturali che siano), questa "casa di Dio" (cf 1Tm 3,15) è l’edificio
più solido, più affascinante, più utile all’uomo, che sia mai stato
eretto sulla terra.
Certo, Gesù non realizza
la sua opera coinvolgendovi soltanto "gli spiriti celesti e i
serafini": la sua Chiesa è fatta di uomini; e
dunque di creature fatalmente deboli e peccatrici, come siamo noi. Ma, se anche il materiale impiegato è difettoso,
l’Artefice divino con la sua genialità e il suo affetto misericordioso ne
sa ricavare un capolavoro.
E’ ovvio che sia
difficile al non credente percepirne l’incanto e il valore: gli manca il
principio conoscitivo adeguato e, per così dire, il senso estetico
soprannaturale in grado di coglierne la soprannaturale bellezza. Tutt’al più sarà dato al non credente di
meravigliarsi per la misteriosa vitalità della Chiesa, se pure non prevale in
lui l’irritazione per la irriducibile e
intrigante permanenza di questa istituzione lungo tutto i secoli della storia.
Il credente invece - se è un vero credente - ammira il prodigio, ne gode e ringrazia il Signore. Ma non se ne stupisce troppo, poiché egli sa che il progettista e il costruttore della Chiesa è lo stesso Figlio di Dio.
Anzi. il
Figlio di Dio fatto uomo, crocifisso e risorto, è anche, per così dire, il
"finanziatore" dell’impresa, dal momento che - come sta scritto
- l’ha acquistata e pagata con il suo sangue (cf
At 20.28). Perciò ne è altresì il "proprietario" e a giusto titolo
può dire "la mia Chiesa". La Chiesa non è d’altri che sua.
Non si può quindi
separare la Chiesa da Cristo. Chi non ama, non stima, non ascolta la Chiesa, si illude di credere seriamente in Cristo, di riconoscerlo
nella sua verità di Salvatore e di Maestro, di essere veramente suo.[…]
La vita, anzi la sussistenza stessa del popolo pellegrinante nel tempo, ha un
fondamento preliminare e primario; ed è la conoscenza di colui che è il Figlio
unigenito del Padre, di colui che è il "capo" dell’intero "corpo"
ecclesiale. "Questa è la vita eterna. che
conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù
Cristo" (Gv 17,3). Gesù comincia appunto di qui
- dalla necessità di conoscerlo nella sua verità - il proprio discorso
profetico sulla Chiesa.
E curiosamente comincia con
una indagine di opinione, quasi un rilevamento
sociologico dei pareri: "La gente chi dice che sia il Figlio
dell’uomo? (Mt 16,13). […]La metodologia
"democratica" è legittima, utile e persino doverosa quando si tratta
di risolvere le questioni terrene. Invece con le opinioni "dal basso"
- le opinioni, per usare l’espressione di Gesù, dettate dalla
"carne" e dal "sangue" (cf Mt 16,17) - anche quando sono largamente diffuse e
socialmente dominanti, non ci si avvicina affatto al Regno dei cieli.
Al Regno dei cieli - cioè alla reale conoscenza del Salvatore e alla nostra
salvezza - ci si avvicina ponendoci in ascolto della voce apostolica: "Voi
- voi che siete i miei apostoli - chi dite che io sia?" (Mt 16,15).
E’ da notare che
gli apostoli sono interrogati tutti insieme, ma risponde Pietro a nome di tutti. Quasi a dirci che nella Chiesa il collegio
dei maestri autentici è se stesso e può esercitare il suo compito di illuminazione e di guida, quando è unificato dalla fede,
dalla carità pastorale, dalla voce di colui che è stato posto a fondamento
dell’intera compagine ecclesiale ("su questa pietra edificherò la
mia Chiesa") e ha in consegna le chiavi del Regno (cf
Mt 16,19).
L’impetuoso e
fragile pescatore di Galilea - il più generoso e il più debole dei discepoli di
Cristo - è stato scelto per essere nella grande
comunità dei redenti la fonte della saggezza e della costanza, la garanzia del
permanere nell’unità e nella verità, il sostegno sicuro nelle difficoltà
e negli smarrimenti.
"Io ho pregato per
te, perché non venga meno la tua fede; e tu, una volta
ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc
22,32), gli dice Gesù proprio nell’ora in cui prevede e preannuncia il
suo tradimento. "Io ha pregato per te": non sono dunque le qualità
umane ad assicurargli la luce e la forza necessaria per pascere il gregge, ma
la preghiera infallibilmente efficace del Signore.
Dal momento che la
Chiesa da duemila anni continua a vivere nelle intemperie della storia,
continua da duemila anni ad aver bisogno della "pietra" che la rassicuri. Allora Pietro non è
morto, non può essere morto. Egli vive infatti
in colui che è il suo successore, il vescovo di Roma. E
noi lo vediamo e lo ammiriamo, questo "Pietro sempre vivo", adempiere
la sua missione con eroica fedeltà e coraggio indomabile.
Silenzio
di riflessione e adorazione
Dal Vangelo secondo Matteo (14,
22-33)
Subito dopo costrinse i
discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull'altra riva, finché non
avesse congedato la folla. Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a
pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. La barca intanto
distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. Sul finire della notte egli andò
verso di loro camminando sul mare. Vedendolo camminare sul mare, i discepoli
furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non
abbiate paura!». Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di
venire verso di te sulle acque». Ed egli disse:
«Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò
verso Gesù. Ma, vedendo che il vento era forte,
s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!». E subito Gesù tese la mano, lo afferrò e gli disse: «Uomo di
poca fede, perché hai dubitato?». Appena saliti sulla
barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca si prostrarono davanti a
lui, dicendo: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Parola del Signore.
Lett. Dalla Lectio divina tenuta da Papa Benedetto XVI ai Seminaristi
di Roma
(8 febbraio
2013)
Parla
Pietro, apostolo. Parla quindi colui che ha trovato in
Cristo Gesù il Messia di Dio, che ha parlato come primo in nome della Chiesa
futura: “Tu sei Cristo, il Figlio del Dio vivo” (cfr Mt 16,16). Parla colui che ci ha introdotto in questa fede. Parla colui al quale il Signore ha detto: “Ti trasmetto le
chiavi del regno dei cieli” (cfr Mt 16,19), al quale ha affidato il suo gregge dopo la
Risurrezione, dicendogli tre volte: “Pascola il mio gregge, le mie
pecore” (cfr Gv
21,15-17). Parla anche l’uomo che è caduto, che ha negato Gesù e
che ha avuto la grazia di vedere lo sguardo di Gesù, di essere toccato nel suo
cuore e di avere trovato il perdono e un rinnovamento della sua missione. Ma è
soprattutto importante che questo uomo, pieno di
passione, di desiderio di Dio, di desiderio del regno di Dio, del Messia, che
quest’uomo che ha trovato Gesù, il Signore e il Messia, è anche
l’uomo che ha peccato, che è caduto, e tuttavia è rimasto sotto gli occhi
del Signore e così rimane responsabile per la Chiesa di Dio, rimane incaricato
da Cristo, rimane portatore del suo amore.
Lett. Da un’Omelia per
la Solennità dei Santi Pietro e Paolo del Card.
Giacomo Biffi
L’amore salvifico
del Signore sceglie chi vuole per essere strumento del suo disegno: la più
varia umanità è assunta e finalizzata dalla divina
misericordia. […]
Una seconda riflessione si impone, ed è che non sono le doti umane, ma la libera
decisione di Dio a stabilire la qualità e l’importanza del servizio.
Anche la storia di questi due apostoli ce lo insegna.
Paolo è più istruito, ma il capo della Chiesa è Pietro. Paolo è più capace di scavare in profondità la dottrina rivelata, però a Pietro
sono affidate le chiavi del Regno. Paolo è naturalmente più forte, più stabile,
più sicuro, eppure il fondamento della Chiesa è Pietro: su di lui è stata
edificata, e le “porte degli inferi”, cioè
le forze della morte, non prevarranno contro di essa (cf.
Mt 16,18). Questo è il mistero di Pietro: il mistero
della debolezza che prodigiosamente diventa forza, il mistero
dell’insicurezza che si fa sicurezza per tutti.
A lui, che ha ceduto, è
stato detto: “Tu sei la roccia” (Mt
16,18). A lui che si è perso come la pecora della parabola, è stato detto:
“Pasci il mio gregge” (Gv ). A lui, che
ha traballato nella fede, è stato detto: “Conferma i tuoi fratelli”
(Lc ). Così la Chiesa è educata ad affidarsi a un uomo non per le doti che ne arricchiscono la
personalità, ma per il ministero che ha ricevuto e la grazia di cui è stato
investito. Così il cristiano, che veramente riconosce che c’è un solo
Signore, Gesù Cristo, è il più refrattario a ogni
culto della personalità e il più disincantato di fronte a tutti i così detti
“grandi” e i così detti “maestri”; Ma al tempo stesso è
il più pronto per la sua fede ad ascoltare un uomo che offre un insegnamento
che gli viene dall’alto e a venerare in un suo fratello la presenza in
mezzo a noi del Signore che non ci abbandona. Il mistero di Pietro è il mistero
del Successore di Pietro, il Vescovo di Roma, il Papa. I Papi possono essere
molto diversi per indole, per capacità innate, per nazionalità, per estrazione
culturale; ma in essi sempre riluce il mistero di
Pietro, il mistero dell’esiguità umana che diventa divina grandezza. Offerto
a tutte le incomprensioni, bersaglio di tutte le malevolenze dei
“signori” del potere, della ricchezza, dell’informazione,
esposto a tutte le bufere della storia, caricato di una croce più pesante di
quanto un uomo possa da solo portare, ogni papa appare una debolezza che
diviene forza, una voce esile che nel multiloquio dei
nostri giorni dona ai nostri smarrimenti il solo valido punto di riferimento.
Secondo la parola di Gesù, Pietro ha sempre contro di sé le “porte degli
inferi”, cioè le potenze di morte, che parlano
di pace e attuano guerre e invasioni, che parlano di libertà e vorrebbero
essere sole a parlare. Queste “potenze di morte” ci sono ancora e
ci saranno sempre. È stato detto che “non prevarranno”, non è stato
detto che potranno scomparire dal mondo o ridursi a
interlocutori garbati. […]
Preghiamo oggi per il
Papa […]. Quando Pietro era in difficoltà nelle carceri di Erode, che cosa faceva la Chiesa? Non era radunata a
discutere l’aspetto politico dell’avvenimento o a
esaminare se la condotta del suo capo, che si era fatto imprigionare, era stata
saggia o imprudente. La Chiesa pregava: “Una preghiera saliva
incessantemente a Dio dalla Chiesa per lui” (At 12,15), ci ha detto la
prima lettura. Questo è lo stile autentico della chiesa di
Cristo, questo è il comportamento dei veri cristiani. Noi oggi preghiamo
e ravviviamo la nostra fede nel mistero di Pietro, che vive nei secoli sulla
sede romana, ringraziando il Signore Gesù che,
attraverso il ministero apostolico, ancora ci guida e ci orienta nella
confusione del mondo.”
Silenzio
di riflessione e adorazione
TUTTI: O Gesù, tu hai scelto
Pietro e lo hai costituito Pastore universale, segno di unità
e di comunione nella tua Chiesa. Grazie per averlo scelto e confermato anche
dopo le sue debolezze. E’ per tutti noi un segno evidente che tu più che
al peccato guardi all’amore e tu sai che ti amiamo. Con San Pietro ti
chiediamo che tutti i Pastori della Chiesa, dai Parroci, che condividono la
nostra vita di ogni giorno, fino al Papa, ci diano
sempre l’esempio di una vita vissuta e spesa per amore, per puro amore a
te.
Sulla via di Damasco hai
attirato per sempre a te l’ardente Saulo e lo hai mandato alle Genti
perché tutti potessero godere della tua grazia redentiva. Noi non possiamo andare lontano ma possiamo dare
alla nostra vita interiore la dimensione dell’intimità con te e
dell’universalità. Concedici questi doni e anche noi, pur se piccoli e
poveri, diventeremo annunciatori del tuo amore che salva.
Spesso la tua Chiesa ci sembra una barca che sta
per affondare, e noi ci figuriamo come pescatori che faticano a vuoto. E anche nel tuo campo di grano vediamo più zizzania che
grano. Donaci la capacità di guardare al nostro peccato, l’umiltà di
chiedere il tuo perdono e l‘ottimismo di chi si affida solo a Te, Signore
della storia. Fa che come Pietro, torniamo a gettare le reti solo sulla tua
Parola. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore.
Canto: Tantum Ergo
Tantum ergo Sacramentum
Veneremur cernui
Et antiquum documentum
Novo cedat ritui
Praestet fides supplementum
Sensuum defectui.
Genitori Genitoque
Laus et jubilatio
Salus, honor, virtus quoque
Sit et benedictio.
Procedenti ab utroque
Compar sit laudatio.
V Hai dato loro il pane disceso dal cielo.
R Che porta con sé ogni dolcezza.
C. Donaci, o Padre, la luce della fede e la
fiamma del tuo amore, perché adoriamo in spirito e verità il nostro Dio e
Signore, Cristo Gesù, presente in questo santo
sacramento. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen
Benedizione Eucaristica.
Acclamazioni:
Dio sia benedetto.
Benedetto il Suo Santo Nome.
Benedetto Gesù Cristo vero Dio e vero Uomo.
Benedetto il Nome di Gesù
Benedetto il suo Sacratissimo Cuore.
Benedetto il suo Preziosissimo Sangue.
Benedetto Gesù nel santissimo sacramento dell’altare.
Benedetto lo Spirito Santo Paraclito.
Benedetta la gran Madre di Dio, Maria Santissima.
Benedetta la sua Santa ed Immacolata Concezione
Benedetta la sua gloriosa Assunzione.
Benedetto il nome di Maria, Vergine e Madre.
Benedetto San Giuseppe suo castissimo sposo.
Benedetto Dio nei suoi angeli e nei suoi santi.
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“Mi sostiene e mi illumina la
certezza che la Chiesa è di Cristo, il Quale non le farà mai mancare la sua
guida e la sua cura. Ringrazio tutti per l’amore e per la preghiera con
cui mi avete accompagnato. Grazie! Ho sentito quasi fisicamente in questi
giorni, per me non facili, la forza della preghiera, che l’amore della
Chiesa, la vostra preghiera, mi porta. Continuate a pregare per me, per la
Chiesa, per il futuro Papa. Il Signore ci guiderà.”
(Benedetto XVI
all’Udienza di mercoledì 13 febbraio 2013)
“ Anche se adesso mi
ritiro, nella preghiera sono sempre vicino a tutti voi e sono sicuro che anche
voi sarete vicini a me, anche se per il mondo rimango nascosto.”
(Benedetto XVI al Clero di Roma, giovedì 14 febbraio 2013